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Quando la mente influenza il nostro corpo

Corpo e mente, un rapporto che tutti ben conosciamo. Quante volte attribuiamo uno stato fisico …

Quando la mente influenza il nostro corpo
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Corpo e mente, un rapporto che tutti ben conosciamo. Quante volte attribuiamo uno stato fisico ad una condizione psicologica, e viceversa? Quante volte cerchiamo di influenzare una condizione fisica agendo su nostro stato d’animo? O cerchiamo di evitare situazioni di stress per superare una condizione di difficoltà fisica, quante volte attribuiamo ad un disagio psicologico una non perfetta condizione fisica? E non sbagliamo, perché il rapporto tra corpo e mente è davvero molto intimo e diretto, per molti versi affascinante. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Maria Paola Graziani, psicologa e psicoterapeuta, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Qualcuno una volta diceva “Mens sana in corpore sano”. Vale anche il contrario?

Tra SI e NO, la risposta intuitiva è SI ma non è detto che lo sia sempre e per tutti perché, in psicologia, bisogna superare gli stereotipi che tendono ad accomunare tutti. Individualmente, infatti, ogni comportamento ne ha uno contrario altrettanto valido e, nello specifico, poiché l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha decretato che lo star bene, non è solo “assenza di malattia”, ma lo “stato individuale di benessere psicofisico”, questo “benessere”, soggettivamente parlando, è flessibile e risponde a motivazioni le più diverse.

La differenza tre l’iniziale SI e NO, la fa, quindi, la motivazione. Se per “mente” intendessimo, in questo contesto, il nostro “copione” individuale di vita, per sapere se si sceglierà un SI o un NO, dovremmo analizzare gli obiettivi che la “mente”, individualmente e in quel suo particolare contesto, insegue.

Se il soggetto intende il benessere nel modo comunemente inteso, (motivazione), sceglierà secondo vari criteri sia nutrizionali, che medici, di esperienza, di spesa, di abitudine, di gusto, ma tutti che convergano verso il concetto di “sano” socialmente inteso e condiviso.

Ma se il copione individuale prevede, come fantasia gratificante, uno star bene controcorrente, allora la mente inseguirà percorsi contrari al comune sentire mettendo in atto comportamenti legati a vari fattori e si potrebbe scegliere per es “per emozione” anziché per conoscenza, in base o al voler attirare attenzione, o primeggiare, distinguersi, stupire, sconcertare. Oppure, si può assumere un comportamento discordante per uno stato di competizione con qualche cosa o con qualcuno. Lo stesso accade se si vuole disconfermare una persona che ci dà dei consigli, o assumendo ruoli e comportamenti di perdente o di dipendenza o, a l contrario, di vincente a tutti i costi.

Si può insomma, per motivazioni emotive più che cognitive, seguire un modello non socialmente condiviso rispetto al motto sopra esposto, e comunque sentirsi “sani” e in equilibrio nella relazione corpo/ mente.

La prova è nel moderno dilagare di disordini del comportamento alimentare, e nelle mille complicate strategie intrattenute da moltissimi/ per mantenere il peso corporeo e la performance fisica. Insomma, il concetto di “sano”, rischia di diventare soggettivo per via del coinvolgimento massivo delle emozioni nel vecchio binomio “bisogno/desiderio” in continuo divenire a seconda delle mode. Per es. il biologico come unico prodotto, i drink energetici come soluzione, le centrifughe e le bevande in sostituzione di frutta e verdura tal quale, gli alimenti funzionali o vitaminici in sostituzione dei consumi scadenzati nella giornata, frutta e verdure non seconda le stagioni ecc.

Psiche e corpo. Molte malattie, anche gravi, sono spesso risalire ad un forte stato depressivo, o di stress. Caduta di capelli, eruzioni cutanee, dermatiti, sono spesso segnali di una condizione psicologica negativa. Come può uno stato psicologico influenzare uno stato fisico?

La domanda elenca dei “sintomi”, ossia delle espressioni visibili nel corpo. La psicologia interpreta alcuni di questi sintomi come comunicazioni e segnali di uno “scompenso” alla quale la “struttura” individuale non è stata in grado, o per incapacità o per impossibilità, di adeguarsi correttamente. Si è così alterato l’equilibrio e l’organizzazione tra esigenza dei “bisogni/desideri” e la possibilità della loro realizzazione. Il tutto, all’interno di uno scenario di fattori scatenanti (eventi stress, condizioni di vita, sociali, familiari, salute ecc.), può scatenare sintomi di “richiamo”, che, in metafora, potremmo definire “blocchi” con il quale il corpo esprime le “ferite” della propria “memoria emotiva ed affettiva”.

Questo modo di interpretare il sintomo richiede una comprensione globale dell’individuo, indivisibile dal suo ambiente e dalla sua storia, nella unità funzionale di soma e psiche. L’argomento è complesso ed ha una lunga storia di metodi e approcci che si convoglia nella moderna psicologia medica. In tale approccio si assegna un ruolo importante non solo agli eventi biologici, ma anche alle componenti emozionali nella eziologia di molte categorie patologiche che, in tal caso, vengono interpretate tenendo presenti anche eventi stress (mutamenti significativi della vita individuale ecc) e fattori di tipo ambientale, sociale, culturale, psicologico, in relazione ai diversi gradi di vulnerabilità individuale ad affrontarli.

Come si contrastano gli effetti di uno stato psicologico negativo sul nostro corpo? Come si deve intervenire?

Non ci sono interventi direttivi e clinici specifici ma si agisce sul contesto individuale e socio familiare con terapie di supporto o di sostegno che inquadrano fattori psicologici, sociali e umani partendo da quelli di rischio individuali (carattere, personalità, tendenze, abitudini) a quelli di natura più socio-collettiva (relazioni, ambiente di lavoro e familiare, eventi stress ecc).

Ogni sintomo e ogni individuo ha una sua personale inquadratura rispetto al tipo di sostegno più efficace. Spesso vengono proposti con successo, terapie di rilassamento, decondizionamento, sia individuali che di gruppo. Farmaci se del caso.

Donne e psiche. Chiudiamo con una nota più ‘romantica’. Essere innamorate può avere conseguenze sul nostro aspetto esteriore? Quando si dice ‘si vede che sei innamorata’ si esprime un luogo comune oppure ci può essere una base di verità?

Innamorata/o/i… la psicologia, diversamente dalle scienze sociali, tratta persone e non gender, Per questo non imposteremo la risposta solo al femminile. Pur se in estrema sintesi, parleremo quindi del sentimento affettivo inteso come elemento di scambio e comunicazione. Può abbinarsi all’innamoramento puro e semplice, che ne è l’esempio più armonioso, ma è estensibile anche alle relazioni di amicizia e al piacere del proprio impegno sociale e di lavoro. Il piacere è un concetto complesso che impegna scienze filosofiche, sociali e psicologiche, ma, silenziosamente e quasi impercettibilmente, è un fattore concreto che accompagna la vita di ognuno coinvolgendo sensi ed intelletto. Dove si esaspera o abbuia o si confina, può generare conflitti e incertezze, dove invece fa da intermediario fra bisogni e desideri, è una buona strada per conciliare dipendenza e autonomia.

Dove angoscia, dolore, paura, connessi al pericolo, simulano una sorta di prigionia senza uscita verso la protezione e la dipendenza, l’affettività “sana” prevede libertà e indipendenza intellettuale, pur nella appartenenza reciproca ed esprime sensazioni di benessere.

Tutto ciò crea motivazioni allo star bene e alla migliore rappresentazione del proprio Sé corporeo e affettivo. Questo percorso emozionale si rivela anche con aspetti concreti di performance fisiche gradevoli e dinamiche ed includono relazioni, partecipazioni, progettualità e senso del futuro anche a breve termine di tipo “step by step”.
In sintesi, “chi vuol bene” si rende piacevolmente visibile!

Ringraziamo la Professoressa Maria Paola Graziani, psicologa e psicoterapeuta, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

A.C. per Margherita.net

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