Per ‘workaholic’ si intende una persona che ha un bisogno compulsivo ed irrefrenabile di lavorare. Non è una cosa bella, intendiamoci.
Certo è che il lavoro non è quasi mai fonte di soddisfazioni (a meno che non vogliamo convincerci del contrario) ed è anzi piuttosto fonte di problemi a volte anche gravi. Come quello che gli americani hanno giustamente definito “workaholism” (e se lo dicono loro che hanno inventato i cubicoli e i licenziamenti facili…)
Innanzitutto iniziamo con il chiarire il concetto. Per ‘workaholic’ si intende una persona che ha un bisogno compulsivo ed irrefrenabile di lavorare. Non è una cosa bella, intendiamoci. Non lo è per chi ne soffre, di questo vero e proprio disturbo, e non lo è per chi ci vive accanto. Questo nonostante il fatto che letteratura e cinema abbiano spesso dipinto questa condizione conferendole un che di ‘trendy – tipo i giovani yuppies (ma si usa ancora questo termine o dopo la loro estinzione è andato in disuso anche lui?), managers o avvocati rampanti’.
Questa dipendenza viene assimilata spesso ad un’altra dipendenza che ha goduto di minor fortuna dal punto di vista mediatico, e cioè l’alcolismo.
Considerate trendy un alcolista? Non proprio. Piuttosto una persona che ha bisogno di aiuto. Lo stesso vale per chi ha sviluppato questa patologica forma di dipendenza dal lavoro.
Il termine è apparso per la prima volta intorno alla fine degli anni ’60 ed è stato ‘consacrato’ con la pubblicazione del libro ‘Confessions of a Workaholic’ agli inizi degli anni ’70 (nel 1971 per essere precisi, e il libro era stato scritto da Wayne Oates, un professore di psicologia)
Ma quando si stabilisce che una persona è ‘workaholic’?
Difficile dirlo, anche perché si tratta di una condizione su cui si specula ancora molto, in certi casi si cerca confutarne l’effettiva esistenza o addirittura mettere in ridicolo quelli che ne parlano in termini scientifici. Vari studi hanno però permesso di delineare se non il profilo del maniaco del lavoro, almeno alcuni tratti della personalità comuni alla gran parte delle persone che soffrono di questa dipendenza. Li ha riassunti molto chiaramente il Prof. Roberth H. Coombs in un capitolo del suo “Handbook of additive disorders”. Ecco i principali
Frequenti lamentele relativamente alla propria salute
Difficoltà nel delegare
Stress da lavoro
Perfezionismo
Ansia
Rabbia
Depressione
Problemi con l’intimità
Senso di inadeguatezza
Problemi di interazione sociale
A questo si aggiungano grossi problemi di rapporto all’interno della famiglia e soprattutto della coppia. Sono spesso le partner – e più recentemente anche i partner – dei ‘maniaci del lavoro’ a soffrire maggiormente, e con loro il rapporto stesso.
In Giappone (ma qui stiamo parlando di casi limite) si imputano a questo problema addirittura casi di morte premature. Una delle preoccupazioni principali del ‘workaholic’ è legata alla paura di perdere lo status sociale acquisito attraverso il lavoro, così come quella di commettere errori ed eventualmente di riuscire a nasconderli per evitarne le conseguenze.
Come vedete non si tratta di un quadro roseo, né qualcosa di cui andare orgogliosi. Si tratta piuttosto di una condizione patologica che richiede l’aiuto di un esperto, uno psicologo o uno psichiatra, e che spesso richiede molto tempo per poter essere superata.
Margherita.net