Esiste l’allergia al freddo? Certamente sì anche se è poco conosciuta e si manifesta con la comparsa di chiazze pomfoidi (“orticaria”) sia localizzate, soprattutto in seguito a contato con oggetti o acqua a bassa temperatura, sia generalizzate, spesso in rapporto all’esposizione ad aria fredda.
I pomfi, chiazze rosse rilevate, si manifestano in genere immediatamente dopo l’esposizione alla sorgente fredda e durano da trenta minuti a 3 ore. Possono essere reazioni anche pericolose, in quanto l’ingestione di bevande e cibi freddi può determinare anche il cossidetto “edema della glottide” vale a dire una manifestazione allergica a livello della mucosa orale e laringea.
Spesso le orticarie da freddo possono essere associate ad altre orticarie di tipo fisico quali l’orticaria dermografica (pomfi che si sviluppano in sede di sfregamento) e colinergica (piccoli pomfi che si sviluppano dopo esposizioni ad ambienti caldi o sudorazione).
In determinati casi l’orticaria da freddo ha anche un significato internistico in quanto può essere associata ad altre patologie quali infezioni virali (mononucleosi, virosi respiratorie) o malattie autoimmuni (soprattutto tiroiditi)
L’orticaria da freddo può essere riprodotta mediante il classico test del cubetto di ghiaccio: tenendo il cubetto sulla faccia volare dell’avambraccio per 5 minuti si sviluppano i pomfi.
E la terapia? A parte la prevenzione, il farmaco che si è dimostrato più efficace è la ciproeptadina, otrechè la doxepina e la cinnarizina. Nei casi resistenti, può essere utile indurre la “tolleranza” al freddo” mediante esposizioni al freddo stesso che dopo tre o quattro applicazioni ripetute, riducono sensibilmente la reazione allergica.