“Cryptomphalus aspersa” è un nome scientifico altisonante che corrisponde in realtà al nome volgare di lumaca, un mollusco così diffuso e noto nel nostro Paese, anche e soprattutto dal punto di vista gastronomico. Ma è ormai da tempo che questo mollusco è assurto agli onori della dermatologia plastica come produttore di una sostanza antiaging volta a combattere gli effetti prodotti sulla cute dagli agenti ossidanti, proprio sulla base della osservazione che questi minuscoli animaletti avevano resistito più di ogni altro al disastro di Chernobyl.
Un articolo comparso su una importante rivista statunitense, Cosmetic Dermatology, studia in maniera rigorosa gli effetti di questa sostanza valutandola su 15 pazienti anche dal punto di vista istologico e immunoistochimico sul photoaging, vale a dire sui segni di invecchiamento indotti dalle radiazioni solari.
Proprio le valutazioni istologiche hanno consentito di stabilire al termine dei 90 giorni di trattamento con questa sostanza (SCA) un a significativa riduzione dello spessore dell’epidermide, una riduzione dell’elastosi e un aumento della presenza dei microvasi. Dal punto di vista clinico gli effetti consistono nel miglioramento del tono cutaneo e una minore visibilità delle rughe, anche di quelle profonde.
Il meccanismo con cui l’SCA produca questi effetti non è stato compiutamente compreso, anche se si ritiene che possa dipendere da un parte dalla inibizione della metalloproteinasi e dall’altra dalla stimolazione di produzione di collageno nuovo, attraverso la stimolazione di determinati enzimi cellulari.
Sicuramente altre valutazioni scientifiche dovranno seguire ma sembra ormai che gli effetti benefici di queste estratto base di glucosaminoglicani siano patrimonio della moderna cosmetologia.