Il peperoncino è parte integrante della dieta mediterranea. E forse per la prima volta uno studio scientifico collega direttamente il suo ruolo – quando inserito all’interno di un determinato stile di vita – nella prevenzione di gravi malattie cardiovascolari come l’infarto e l’ictus. Abbiamo intervistato la D.ssa Marialaura Bonaccia del Laboratorio di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale, Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione, IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed, è una delle responsabili di questa ricerca i cui risultati sono appena stati pubblicati.
Come è nata l’idea di questa ricerca?
Lo studio Moli-sani si concentra su fattori alimentari che possono influenzare la salute, quindi la dieta rientra certamente tra i nostri principali interessi di ricerca. In questo caso, le analisi sul peperoncino fanno parte di una più ampia indagine su diversi alimenti e bevande che sono largamente consumati nei paesi del Mediterraneo, ma che non sono effettivamente inclusi nei classici punteggi alimentari utilizzati negli studi epidemiologici. Insieme al peperoncino, ora stiamo analizzando anche il ruolo di caffè e tè, ma anche quello del cioccolato, in particolare il tipo scuro.
Quali sono i meccanismi attraverso i quali il peperoncino (o il principio attivo contenuto nel peperoncino) risulta essere efficace nella prevenzione di alcune malattie cardiovascolari (infarto e ictus se non sbaglio)?
I nostri dati evidenziano un ruolo importante della capsaicina, il composto pungente presente nei peperoncini che ha numerosi benefici per la salute, incluso il miglioramento della funzione cardiovascolare, oltre alle sue note proprietà antinfiammatorie. Lo studio dei meccanismi biologici potenzialmente coinvolti nella protezione rappresenta invece la sfida futura per capire attraverso quali meccanismi il peperoncino è così efficace per la salute cardiovascolare.
Questa scoperta, dimostrata adesso dalla vostra ricerca, che strade apre? Non parlo solo di abitudini alimentari, ma anche di farmaci che partono dai risultati di questa ricerca.
In realtà siamo contrari a questo tipo di impostazione. Le nostre ricerche sono perlopiù finalizzate a capire come sani stili di vita possano influenzare positivamente la salute, soprattutto in prevenzione primaria. Inoltre, non crediamo sia opportuno trattare il cibo come fosse un farmaco. Tuttavia, è possibile che l’identificazione di molecole potenzialmente bioattive derivate dai cibi può essere utile per sviluppare nuovi farmaci.
Come integrare la nostra alimentazione perché ci sia una efficacia vera? Quanto peperoncino e con quale frequenza, dovremmo iniziare ad usare perché il rischio di infarto e di ictus sia effettivamente ridotto?
Dai nostri dati risulta che la quantità efficace in termini di riduzione del rischio cardiovascolare sia pari a un consumo di quattro o più volte a settimana. Ma anche in questo caso, vale la regola dello stile di vita. Il peperoncino, così come tutti gli altri cibi, spezie e bevande, deve far parte di uno stile di vita alimentare complessivamente sano, come lo è la dieta mediterranea. In questo contesto il consumo regolare di peperoncino si rivela d’aiuto per quanto sia efficace anche in persone che non hanno un’alimentazione propriamente salutare. In pratica, coloro che non hanno uno stile di vita propriamente mediterraneo riescono comunque a trarre benefici dal consumo regolare di peperoncino. Tuttavia, i nostri dati sono ottenuti pur sempre in una popolazione che segue la dieta mediterranea a vario livello, per cui non avrebbe alcun senso isolare il consumo di peperoncino dall’alimentazione nel suo insieme. In altre parole, non si può pensare di affidarsi soltanto al peperoncino senza curare l’alimentazione globalmente, come fosse un farmaco, appunto.
Il peperoncino fa parte della cosiddetta dieta mediterranea. Regolarmente messa sotto attacco per l’eccessivo (così si sostiene soprattutto all’estero) contenuto di carboidrati, e poi regolarmente assolta, anche a livello internazionale. Possiamo dire che la Dieta Mediterranea è amica della nostra salute, e non solo per il cuore?
La dieta mediterranea non eccede nel consumo di carboidrati, che sono invece necessari alla nostra salute. La chiave del successo sta invece nella sapiente combinazione di tutti gli alimenti, come insegna la popolare piramide alimentare. E a sostegno di questo ci sono numerosissimi studi condotti anche in popolazioni non-mediterranee che dimostrano come un’alimentazione mediterranea sia in grado di conferire una protezione importante non solo contro le malattie cardiovascolari ma anche nella riduzione del rischio di mortalità per ogni causa e tumorale.
Margherita.net
Ringraziamo la D.ssa Marialaura Bonaccio
Laboratorio di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale
Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione.
IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed