Il divieto o quantomeno la cautela nell’esposizione solare sono ormai da molto tempo un dato ricorrente della impostazione che il dermatologo plastico ha dato nel suo rapporto con il paziente; sia dal punto di vista estetico (couperose, macchie, rughe) sia dal punto di vista medico (insorgenza di neoplasie cutanee)
Il ruolo dell’esposizione solare nel mantenimento della salute scheletrica è stato messo in rilievo in quanto la quota di vitamina D contenuta negli alimenti di una dieta mediterranea difficilmente riesce a rifornirci della quantità di cui abbiamo veramente bisogno; d’altronde è stato anche evidenziato come nel periodo che va da ottobre a marzo non vi è in Italia abbastanza radiazione ultravioletta di tipo B per poter generare nella cute una adeguata quantità di vitamina D; non solo ma col procedere dell’età la capacità di produrre tale vitamina si riduce sensibilmente… Di qui la necessità di eseguire una supplementazione di vitamina D soprattutto nel periodo autunno-inverno. E quella di eseguire proprio in questo periodo una esposizione solare per tempi limitati..
D’altronde è anche stato dimostrato che l’alto livello della protezione solare diminuisce la sintesi di vitamina D indotta dalle radiazioni ultraviolette; se a questo si aggiunge il benefico impatto sulla psiche indotto dall’esposizione al sole, forse si potrebbe arrivare alla conclusione che una eccessiva severità da parte del Dermatologo potrebbe essere controindicata…
In realtà la prescrizione del dermatologo di limitare le radiazioni ultraviolette sulla cute va vista in funzione delle esigenze e delle realtà di ogni singolo paziente e non va mai assolutizzata; si tratta di trovare un equilibrio – in sostanza – tra la protezione della cute e le esigenze di tutto l’organismo; equlibrio che si può solo realizzare calibrando i modi e i tempi di tale esposizione.
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