Non è uno di quegli argomenti di cui si parla volentieri in pubblico, a meno che non ci si ritrovi tra amiche intime, ma la stitichezza è un problema molto diffuso. Soprattutto tra le donne. Quali le cause più comuni della stitichezza? Varie, da vere e proprie patologie che vanno sottoposte allo specialista, a più semplici errori alimentari o stili di vita non adeguati. Quali le soluzioni? Molte, e spesso molto semplici, basta seguire alcune regole semplici ed accessibili a tutti, alimentarsi correttamente, fare movimento.
In questa intervista al Prof. Dino Vaira, Professore Ordinario all’università di Bologna, Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, cercheremo di capire meglio cosa è la stitichezza, e come affrontarla per risolverla.
Quando si può parlare di stitichezza? Esistono dei parametri che permettono di definire questa condizione rispetto alla normalità?
Innanzitutto va sfatato il mito secondo il quale per “stare bene” occorre evacuare una volta al giorno, tutti i giorni. Il numero delle evacuazioni “normali” è infatti molto soggettivo. Sicuramente si può parlare di stitichezza quando, per almeno 3 mesi nell’arco dell’ultimo semestre, si hanno meno di 3 evacuazioni spontanee a settimana e le feci sono dure o caprine, con difficoltà nella defecazione (con necessità di prolungato ponzamento o addirittura di manovre digitali) o sensazione di incompleto svuotamento.
Noi medici distinguiamo una stipsi prevalentemente “colica”, ovvero da rallentato transito del materiale fecale lungo l’intestino con conseguente mancanza dello stimolo ad evacuare, da una stispi da disordini della defecazione in cui il paziente riferisce sforzo nell’espletare l’atto evacuativo che diventa lungo e difficoltoso.
Una stipsi di nuova insorgenza, specie nel paziente sopra i 50 anni e in presenza di calo ponderale, perdite ematiche, anemia, necessita di una valutazione medica urgente perché può sottendere gravi patologie.
Donne e uomini sono afflitti da questo problema in uguale misura, oppure vi è una prevalenza dell’incidenza della stitichezza nelle donne, come si dice? E perché?
Effettivamente le donne sono le più afflitte da questo problema. Un ruolo determinante lo giocano le variazioni ormonali tipiche del periodo fertile: i progestinici in particolare sembrano rallentare la motilità intestinale. Durante la gravidanza, oltre ai cambiamenti ormonali, ci può anche essere un effetto “massa” dell’utero sull’intestino che ne determina una dislocazione e quindi un’alterata funzione. I parti naturali poi, specie se multipli e “travagliati”, possono alterare l’anatomia e la funzione del pavimento pelvico con ripercussioni negative sulla fase espulsiva dell’evacuazione.
Un’ipofunzione della tiroide, più frequentemente riscontrabile nelle donne, può favorire la stipsi come pure regimi alimentari non equilibrati mirati a un rapido dimagrimento. Le donne sono inoltre affette in misura maggiore dalla sindrome dell’intestino irritabile che può presentarsi appunto con alvo prevalentemente stitico. Vi sono infine motivazioni riferibili alla sfera psicologico-sociale: spesso la donna prova più imbarazzo ad utilizzare i servizi igienici pubblici rispetto all’uomo cosicchè finisce per non assecondare il fisiologico impulso ad evacuare.
Quali sono le conseguenza più importanti della stitichezza sull’organismo?
La stipsi cronica può associarsi a emorroidi e ragadi anali che possono essere particolarmente dolorose. L’accumularsi del materiale fecale, per meccanismi di contaminazione batterica, può favorire le infezioni delle vie urinarie, specie nel sesso femminile a causa della stretta contiguità anatomica tra apparato urinario e digerente. Per lo stesso motivo nelle donne l’ingombro meccanico fecale può favorire l’incontinenza urinaria.
L’associazione stipsi e diverticolosi colica è molto frequente, specie sopra i 60 anni. I diverticoli, estroflessioni a dita di calzino della mucosa e sottomucosa attraverso la tonaca muscolare della parete intestinale, in caso di infiammazione possono causare dolore addominale e sanguinamento. Infine episodi subocclusivi o occlusivi possono essere causa di ospedalizzazione specie nell’anziano.
La stitichezza è spesso conseguenza di un regime alimentare e di uno stile di vita non corretti. Quali sono le “cattive abitudini” più frequenti che lei riscontra nei suoi pazienti?
Non assecondare lo stimolo evacuativo quando si presenta, una vita sedentaria e una dieta povera di fibre sono tutte cattive abitudini tipiche del paziente stitico. Un’altra pessima abitudine è bere poco quando invece una corretta idratazione aiuta a mantenere le feci morbide e facilita il transito intestinale.
Quali sono invece i consigli che lei può dare alle nostre lettrici? Quali abitudini e stili di vita alimentari sono consigliati a chi soffre di questo problema?
Innanzitutto bere almeno 2 litri di acqua, meglio se naturale, a piccoli sorsi lontano dai pasti nell’arco della giornata aiuta a combattere la stitichezza. E’ utile inoltre consumare frutta e verdura (1 kiwi maturo a colazione, ad esempio, è un toccasana per l’intestino). In caso di diverticolosi colica però occorre evitare i cibi integrali, le verdure a foglia larga e la frutta con i semi, possibili cause di irritazione intestinale, preferendo le fibre solubili contenute ad esempio in zucchine e carote.
Consiglio infine mezz’ora di camminata al giorno. Se un corretto stile di vita non è sufficiente occorre rivolgersi al medico sia per l’inquadramento diagnostico della stipsi che per un aiuto farmacologico. In commercio esistono lassativi con effetto osmotico che non vengono assorbiti e migliorano il transito senza irritare l’intestino. Attenzione ai prodotti erboristici che spesso si assumono sulla base del passaparola: ritenuti del tutto innocui possono invece causare nel tempo un rallentamento ulteriore dell’intestino specie se contengono cascara e senna.
Ringraziamo il Prof. Dino Vaira, Professore Ordinario all’università di Bologna, Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia, Ospedale S. Orsola via Massarenti 9, Bologna
Alessio Cristianini per Margherita.net